Nel Giappone feudale, tra castelli avvolti dalla nebbia e battaglie combattute all'alba, viveva un samurai il cui nome era sussurrato con rispetto e ammirazione: Gōmaru, il Guerriero dei Cinque Sentieri. La sua armatura rossa e dorata brillava come il sole al tramonto, e nessun nemico aveva mai visto la sua katana tornare nel fodero senza prima conoscere la sconfitta. Fiero, leale e invincibile, era il simbolo stesso del bushidō.

Ma Gōmaru non era solo un guerriero. Dietro il suo sguardo d'acciaio e i suoi movimenti perfetti si celava un’anima gentile, capace di emozionarsi per le piccole meraviglie del mondo. Dopo ogni missione, quando il sangue si asciugava e la spada veniva riposta, Gōmaru tornava nel suo rifugio segreto: un piccolo negozio tradizionale giapponese, nascosto tra i ciliegi in fiore, illuminato da lanterne di carta e avvolto nel profumo del tè caldo.

I bambini del villaggio si affacciavano alla porta per guardarlo, affascinati. Non per ascoltare storie di guerra, ma per vedere il grande Gōmaru sorridere come un bambino mentre esclamava: “Un Pikachirō foil… oggi gli spiriti sono con me!”. Non insegnava loro l’arte della guerra, ma il valore della meraviglia. Diceva spesso:

“Chi sa stupirsi non smarrirà mai sé stesso, neanche nel mezzo della tempesta.”

Col passare degli anni, la leggenda di Gōmaru si diffuse in tutto l’impero. Non solo come guerriero imbattibile, ma come custode della meraviglia, colui che aveva trovato equilibrio tra forza e dolcezza, tra spada e sogno.